Il Milan si è fermato a tre. Sinisa riparte contro la Juve

Giulia Polloli 12 novembre 2015 0 1.172 Visite Totali

“Sembravate voi il Milan”. Queste le parole che Silvio Berlusconi ha pronunciato nello spogliatoio dell’Atalanta alla fine della gara che ha visto gli uomini di Reja imporsi almeno dal punto di vista del gioco, sulla formazione di Sinisa Mihajlovic. A raccontare l’aneddoto lo stesso presidente rossonero, che circondato dai cronisti, ha fatto trapelare, nemmeno troppo velatamente, il suo malcontento sulla prestazione vista pochi minuti prima sul campo. Il Milan era tornato carico dalla trasferta contro la Lazio, che aveva fatto raggiungere alla formazione di Mihajlovic il terzo successo consecutivo. Questo traguardo mancava ormai da tempo immemore in casa rossonera e per questo lo striminzito punto raccolto a S. Siro equivale quasi ad una sconfitta. Tre vittorie di fila ottenute schierando la medesima formazione. La ricerca di continuità nelle prestazioni, viene così da pensare, si ottiene schierando uomini che abbiano acquisito l’automatismo dei meccanismi di gioco di Mihajlovic. Contro l’Atalanta qualcosa è cambiato. L’assenza di Bonaventura, ad oggi il giocatore più continuo e diventato quasi fondamentale nelle dinamiche di gioco dei rossoneri, l’ingresso di Niang, alla sua prima da titolare dopo l’infortunio, lo schieramento di Mexes al posto di Alex, e di Poli al posto di Bertolacci evidentemente hanno rallentato la fase “a memoria” del gioco. Non deve essere certo una scusante, ma potrebbe essere un’attenuante nel commentare la difficoltà della manovra rossonera. So perfettamente che queste considerazioni potrebbero sollevare cori critici, ma non si può prescindere, nell’analisi, dal calcolare qualsiasi variabile presente nel corso dei novanta minuti di brutto Milan sceso in campo. Il tecnico rossonero, a fine gara, si è soffermato brevemente sulla condizione dei suoi uomini. Gli assenti sono stati sostituiti da giocatori ai quali mancano minuti nelle gambe, così spiega il tecnico rossonero, ma è l’involuzione degli altri elementi a dare più preoccupazione. Cerci, che sembrava resuscitato contro la Lazio, ha ridotto il numero e la qualità di palloni toccati. Addirittura è stato protagonista dell’occasione più clamorosa del Milan, sprecandola davanti alla porta. Montolivo ha lottato a ranghi ridotti, non ha saputo essere incisivo in un reparto che da mesi scricchiola e non trova la sua pace. Non farebbe comodo, in questo momento, un uomo di lotta come De Jong? Eppure i rumors lo vogliono lontano da Milanello già a gennaio. La nota positiva, ancora una volta, è la prestazione di carattere di Donnarumma. Tre interventi determinanti solo nella ripresa, lo elevano a migliore in campo e ad un posto sempre più importante tra i pali del Milan. Nel post gara Mihajlovic è stato chiaro, rispondendo alle domande che ancora insinuano il dubbio sulla scelta di buttare in mischia un ragazzo così giovane (ma così talentuoso!) con il rischio di bruciarlo. La risposta del tecnico rossonero non lascia adito a dubbi: “Non vorrei che ora diventasse un problema il fatto che Donnarumma para”. E in vista dell’addio di Abbiati, annunciato nella giornata odierna, con Diego Lopez alle prese con il recupero dell’infortunio, avere un ragazzo che partita dopo partita dimostra, pur con qualche sbavatura, di avere delle ottime qualità dovrebbe far benedire la scelta impopolare dell’allenatore rossonero di scommettere su di lui nel momento difficile di Diego Lopez. In attesa del rientro dei nazionali, a Milanello si lavora per preparare la partita contro la Juventus. La formazione di Allegri, nel suo fortino cercherà i tre punti utili a risalire la china, per ridare serenità all’ambiente e per tornare in modo imponente nella zona di classifica che conta. Uno scontro tra squadre criticate per il mercato estivo, per l’esborso imponente di risorse che, però, non hanno portato i risultati attesi. Questo  dimostrazione del fatto che non bastano i milioni gettati sul mercato a produrre risultati. Sassuolo docet, serve spirito di abnegazione, possibilità di lavorare in programmazione futura senza troppe pressioni, capacità di rimanere isolati dalle critiche per evolversi da gruppo di giocatori a squadra. Mihajlovic però non sembra avere più molto tempo nella clessidra della pazienza del presidente. A lui il compito di fermare l’inesorabile flusso di sabbia che, cadendo sempre più velocemente, potrebbe costringerlo all’addio anzitempo.