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ADDIO PABLITO

vincenzoimbriani 10 dicembre 2020 0 450 Visite Totali
ADDIO PABLITO

L’idolo di una nazione intera, il simbolo di una rinascita, allo stesso tempo, individuale e collettiva. Il primo nome che viene in mente di fronte a espressioni come “Mundial” e “Spagna ’82”, non può che essere quello di Paolo Rossi, per tutti Pablito, l’emblema delle calde giornate estive che condussero gli Azzurri verso il terzo alloro mondiale. L’ ex centravanti si è spento in mattinata all’età di 64 anni a Siena, dopo una dura lotta contro un tumore ai polmoni, ma la sua storia singolare resterà per sempre scolpita nella memoria di ogni italiano che lo ha vissuto. Un uomo che non si è mai arreso, né in seguito a tre operazioni subite al menisco a soli diciannove anni, dalle quali si riprese, esordendo nel 1974 nella Juventus, né successivamente allo scandalo del calcioscommesse che lo coinvolse ingiustamente, rimediando una squalifica di 2 anni dai campi di gioco, sul finire degli anni ’70. È proprio quando sembrava che il mondo gli stesse crollando addosso, dopo delle sontuose annate nel Lanerossi Vicenza (tre stagioni in cui si laureò capocannoniere sia nel campionato cadetto, che nella massima categoria) e una buona parentesi col Perugia, che Paolo riveste la casacca bianconera nel 1981, accettando le avances del presidente Boniperti. Con la Vecchia Signora vincerà di tutto (due scudetti, una Coppa Italia, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Europea e una Coppa dei Campioni), giocandovi fino al 1985, per poi concedersi due ultimi stint con le maglie di Milan e Verona. La vera rivalsa avvenne però, come noto, nell’esperienza azzurra all’interno della rassegna mondiale iberica: nonostante un inizio incolore, non andando a segno nella prima fase a gironi e nella prima gara della fase successiva contro l’Argentina, Rossi diviene Pablito, il direttore d’orchestra della Tragedia del Sarriá in cui l’Italia sconfigge per 3-2 il favoritissimo Brasile di Sócrates e Falcão, grazie a una sua tripletta d’autore. La favola non finisce lì perchè l’attaccante timbrerà il cartellino anche con la Polonia di Boniek in semifinale, e nella gloriosa finalissima del Bernabeu contro la Germania Ovest. Capocannoniere della competizione, Rossi divenne, nello stesso anno, il terzo italiano premiato col Pallone d’Oro. Una leggenda intramontabile, raccontata di generazione in generazione, che non cesserà mai di essere tramandata. Addio Pablito, colui che rese realtà ciò che sembrava fosse impossibile. “Giocare sull’anticipo era una mia grande prerogativa, cercavo sempre di rubare il tempo al mio avversario, sfruttando le mie doti di opportunista: in area di rigore cercavo sempre di sfruttare ogni piccolo errore dei difensori, facendomi trovare nel posto giusto al momento giusto” (Paolo Rossi)